La Guardia di Finanza di Pavia, ha sequestrato una cooperativa del valore di 11 milioni di euro operante nel settore dei trasporti sanitari tra i primi operatori nazionali, oltre a beni per un importo di circa 200 mila euro (tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli). L’accusa è quella di caporalato e appalti truccati. Le indagini sono state dirette dal Sostituto Procuratore Roberto Valli e coordinate dal Procuratore aggiunto Mario Venditti.
I militari hanno sottolineato come l’operazione messa a segno oggi rappresenti la naturale prosecuzione di un’altra indagine che a marzo scorso aveva portato all’arresto di 4 persone, nonché a perquisizioni e sequestri di apparati informatici in diverse aree geografiche del Paese (Lombardia, Marche, Lazio e Sicilia), per reati come turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture.
I finanzieri del Gruppo di Pavia e della Compagnia di Vigevano hanno individuato diverse gare d’appalto per l’affidamento dei servizi di trasporto in ambulanza in diverse parti del territorio nazionale (Pavia, Roma, Milano, Perugia, Ancona e Pescara) vinte dalla cooperativa in questione. Tali gare d’appalto sono però risultate turbate e sono state riscontrate diverse frodi nell’esecuzione del servizio pubblico.
Il modus operandi della cooperativa per vincere le gare d’appalto: prestanomi e prezzi bassissimi
In primo luogo, la cooperativa agiva tramite prestanomi, al fine di occultare la costante presenza ed effettiva direzione aziendale da parte di uno degli indagati già condannato in via definitiva nel 2017 per turbata libertà degli incanti, ed aveva escogitato un metodo infallibile per aggiudicarsi tutti gli appalti a cui partecipava: proporre prezzi talmente bassi che talvolta superavano il limite della anti-economicità e assicurare, solo formalmente, una folta flotta di mezzi. Peccato però che i bassi prezzi erano ottenuti dallo sfruttamento dei lavoratori e dal numero dei mezzi impiegati che era sensibilmente inferiore a quello previsto da contratto. Naturalmente, l’esiguo numero di mezzi sanitari presenti sul territorio comprometteva l’efficienza dei soccorsi a disposizione della collettività.
Inevitabili i disservizi conseguenti in quanto già dopo i primi mesi di operato la qualità del servizio richiesto dall’appalto era molto al di sotto di quanto pattuito, creando numerose e continue inefficienze unite a sensibili ritardi e mancate prestazioni sanitarie, spesso confermate anche dalle segnalazioni pervenute dai pazienti trasportati e dai medici in servizio presso i presidi ospedalieri.
La cooperativa sanificava raramente le ambulanze e le parcheggiava in strada
Emblematico è quanto emerso dalle videoriprese effettuate in alcune ambulanze: raramente venivano eseguite delle sanificazioni all’interno del vano sanitario che invece avrebbero dovute essere eseguite dopo il trasporto di ogni paziente, così come previsto dalla normativa regionale e dal contratto d’appalto. una circostanza gravissima soprattutto in periodo di pandemia. Solo per dare un’idea della portata del rischio sanitario accertato, una delle ambulanze monitorate, in 20 giorni di lavoro con contestuale trasporto di 92 pazienti è stata sanificata solo in 4 occasioni mentre un’altra, in 9 giorni di servizio ed 86 pazienti trasportati, è stata sanificata un’unica volta.
Inoltre alcune voltre il servizio veniva effettuato senza aver mai istituito le sedi operative secondarie idonee al ricovero “coperto” dei mezzi e della loro sanificazione, così come previsto da contratto e in sede d’appalto. Tanto è vero che le ambulanze nei momenti nelle quali non erano operative venivano spesso posteggiate sulla via pubblica.
I dipendenti della cooperativa di ambulanze sottopagati e costretti a turni massacranti
La indagini hanno inoltre dimostrato come la cooperativa indagata ed oggi sotto sequestro, abbia potuto far fronte ad un considerevole ribasso rispetto alle tariffe indicate dalle Stazioni Appaltanti: attraverso un’illecita manipolazione dei costi del lavoro. La cooperativa remunerava i propri dipendenti con stipendi molto inferiori ai minimi salariali previsti dal contratto collettivo nazionale costringendo, di fatto, i propri lavoratori a prestare anche attività come volontari, traendone un enorme vantaggio concorrenziale.
Inoltre erano costretti a turni di lavoro massacranti, da oltre 12 ore continuative e senza pause. Sovente non avevano altra scelta se non quella di mangiare o dormire, quando possibile, all’interno della cabina sanitaria dell’ambulanza che sarebbe dovuta rimanere sterile. Addirittura in alcuni casi erano obbligati ad effettuare trasporti che esulavano dal loro impiego , come ad esempio trasportare il motore di una vettura all’interno dell’ambulanza.