Novara ha caratteristiche tutte sue. Pur essendo incardinata da un punto di vista amministrativo in Piemonte, respira in totale sintonia con Milano e la Lombardia. Può sembrare strano perché in effetti non ha mai promosso iniziative per modificare la sua collocazione regionale. Nella sua attività però si sente prima attratta e poi sedotta dal capoluogo lombardo.
Ecco alcune informazioni per dimostrare la sostenibilità della tesi appena enunciata, aggiungendo qualche richiamo storico e qualche considerazione ricavabile da una serie di eventi legati agli ultimi decenni del secolo scorso e ai primi anni del terzo millennio.
Richiami storici
Il legame tra il territorio di Novara e Milano risale al Medioevo. Credo, senza entrare troppo nei dettagli, che in questa sede si possa citare come momento significativo da un punto di vista istituzionale un vescovo, Giovanni Visconti, perché con lui il rapporto tra Novara e Milano diventa più stretto. Il Visconti infatti viene nominato vescovo di Novara, ma pochi anni dopo diventa arcivescovo di Milano e di conseguenza questo prelato, che ha ottenuto che la comunità di Novara, con il territorio intorno, fosse riconosciuta come bene della Chiesa, adotta una serie di provvedimenti al fine di legarla a Milano.
Successivamente Novara ed il suo “contado” resterà legata al capoluogo ambrosiano fino alla pace di Vienna del 1738, quando Novara entra a far parte del regno di Sardegna e quindi diventa terra sotto il dominio dei Savoia. I secoli che hanno preceduto questo passaggio – in particolare gli ultimi tre – non sono stati molto felici. Essendo il novarese terra di confine, diventa in questi periodi campo di battaglia tra la Francia e la Spagna, con immaginabili conseguenze negative per la popolazione locale. Ne fanno infatti le spese belliche anche molti borghi, in particolare Trecate, luogo di accampamento degli eserciti di Francia e Spagna.
Anche nelle due guerre di indipendenza c’è una presenza non marginale di Novara. La prima vede nella città il campo di battaglia di uno scontro sfortunato per il Regno di Sardegna e contestualmente l’abdicazione del re Carlo Alberto di Savoia. La seconda guerra registra proprio nel territorio novarese – per la precisione a San Martino di Trecate , l’organizzazione del piano militare che porterà le truppe piemontesi e francesi alla battaglia di Magenta, che rappresenterà la prima vittoria di Napoleone III e Vittorio Emanuele II contro gli Austriaci.

Torino: non madre ma matrigna
I novaresi hanno una radicata, e quindi consolidata convinzione: sono certi che il capoluogo della loro Regione, nella fattispecie Torino, non sia da considerare madre ma cattiva matrigna. Del resto, molto spesso Novara viene dimenticata dal governo piemontese oppure, quando viene presa in considerazione, finisce per ricevere un’attenzione marginale.
Un po’ di responsabilità per questo trattamento è da far derivare dalla normativa che ripartisce i rappresentanti del consiglio regionale in base alla popolazione delle singole province e di conseguenza la provincia di Torino fa la parte del leone. Ma questo inconveniente non può essere eliminato. Potrebbero invece essere eliminate certe disattenzioni se il governo della Regione fosse più incisivo nella programmazione regionale, impostando la distribuzione delle risorse in base ad un puntuale studio delle esigenze del territorio.
Sia chiaro, non è un problema di oggi, una situazione negativa da attribuire agli attuali governanti. È sempre stato sostanzialmente così. Potrei citare molti episodi.
Mi limito a qualche richiamo storico.
Nel Novecento, dopo qualche anno dall’istituzione dell’ente regionale – quindi subito dopo il 1970 per intenderci – nella geografia politica del Piemonte vengono istituiti i comprensori. Nell’intenzione del legislatore regionale, devono essere degli organismi intermedi tra comuni e governo regionale, con un compito specifico, quello di porre le linee programmatiche relative ai territori di competenza.
Per continuare nel nostro esempio illustrativo, il comprensorio di Novara è chiamato, in base alla precitata normativa, a progettare lo sviluppo di questa area. In diverse occasioni il comprensorio provvede a predisporre piani di sviluppo territoriale, che vengono inviati a Torino per il loro esame e per l’inserimento nel documento regionale. Il risultato è deludente e dimostra quanto Torino sia matrigna. Il piano regionale infatti, per il 90%, si occupa di Torino e per il rimanente 10% di tutte le altre province, Novara compresa. Nella sostanza Novara, seconda provincia del Piemonte per numero di abitanti, è considerata alla stregua dell’ultima della classe. E questo è uno dei tanti esempi che si possono fare per dimostrare lo scarso peso che la provincia novarese ha nell’impostazione delle scelte di politica regionale.
In un solo caso, nei decenni che vengono presi in considerazione, la provincia di Novara riesce a fare valere la sua posizione, anche se molti sono i tentativi per depistare la soluzione finale. Mi riferisco all’Università, che ha avuto l’avvio a Novara grazie alla tenacia di un presidente della provincia, Gaudenzio Cattaneo, che riesce, sempre nei primi anni del settanta novecentesco, a far decollare la facoltà di ingegneria, che poi è stata trasferita in altra sede, ma dà comunque la possibilità al ministro della Pubblica Istruzione dell’epoca, Giovanni Galloni, di insediare i corsi universitari con l’applicazione di una sua teoria, quella della gemmazione in base alla quale un’università, l’università madre, garantisce la nascita di altra struttura universitaria in una sede nuova, mettendo a disposizione le necessarie risorse organizzative per facilitarne la nascita.
Oggi comunque non è ancora cessata la posizione di marginalità di Novara. Un esempio attuale, significativo e lampante si ricava in ambito sanitario. Da tempo immemore si parla del progetto relativo alla “Città della Salute”, per il cittadino comune l’Ospedale Maggiore. Su questo progetto, con mille difficoltà, ha lavorato il direttore generale, Mario Minola che, con una costanza eccezionale e con bravura amministrativa, ha saputo condurre la nave del progetto in porto sicuro. In parole povere ha avuto la capacità di rendere cantierabile l’opera. Nonostante tutto, dopo il suo trasferimento ad altro più importante incarico a livello regionale, stanno affiorando difficoltà nuove che tendono a bloccare le procedure di inizio dei lavori, mentre l’altro progetto di Città della Salute, quello di Torino per intenderci, procede. Di fronte a questo stato di cose, qualche interrogativo nasce. Una certezza comunque c’è: ancora una volta Novara avverte che Torino è matrigna.

Milano punto di riferimento
I novaresi, nonostante tutte le difficoltà, hanno scelto di essere operativi e hanno sempre guardato verso Milano e posto in essere tutti gli opportuni contratti per avere rapporti diretti con il capoluogo della Lombardia. Una prova di questo interesse di Novara per Milano si ricava anche nell’esaminare, nella stazione di Novara, la folla che popola i marciapiedi dei binari destinati ai treni diretti al capoluogo lombardo.
Il numero dei pendolari che intendono varcare il Ticino per raggiungere il capoluogo meneghino è molto elevato, sicuramente supera il migliaio di persone. Questo sta ad indicare che, anche da un punto di vista occupazionale, l’interesse dei novaresi è rivolto al “varcato Ticino” e quindi è un interesse decisamente ambrosiano. Anche da un punto di vista bancario ormai tutto porta l’etichetta lombarda. Fino a qualche anno fa, infatti, Novara poteva ancora vantare la sede centrale della Banca Popolare di Novara. Ora non è più così perché la storica banca novarese, dopo diverse traversie, è entrata nel gruppo BPM, cioè Banca Popolare di Milano, e tutto ormai dipende dalla sede centrale che ha i suoi uffici proprio nel capoluogo lombardo.
La posizione attuale di Novara
Come si è quindi visto, formalmente Novara è in Piemonte, sostanzialmente Novara – e la mentalità dei novaresi lo conferma – avverte un più marcato legame storico-culturale con Milano, legame rafforzato anche da un sostanziale rapporto economico. Se tutto questo, sotto certi aspetti, rappresenta una situazione non certamente felice – perché Novara deve istituzionalmente dialogare con Torino, mentre operativamente è legata a Milano – qualche carta può essere giocata anche da Novara che, detto per inciso, come capoluogo di provincia è la seconda città del Piemonte in quanto ad abitanti.
In una realtà come quella attuale, in cui le distanze hanno sempre minor significato e in un periodo in cui diventano sempre più frequenti anche i collegamenti tra Torino e Milano, può essere interessante fare proposte idonee a rendere il novarese territorio in grado di dialogare con le due metropoli. Si può iniziare da un discorso culturale, mettendo in gioco il teatro Coccia per teatro e lirica, il castello sforzesco per le mostre d’arte. Non solo. Potrebbero nascere anche occasioni turistiche. Un riferimento per questo ambito al lago d’Orta è inevitabile, ma a questo riferimento si può ben aggiungere Arona ed altre località del lago Maggiore, sconfinando magari nel Verbano-Cusio-Ossola.
Prof. Franco Peretti
Cultore di storia dello sviluppo territoriale
Ho letto con attenzione l’articolo. Molto interessante; io però da novarese mi sento piemontese! Certamente i legami con Milano sono molto radicati ma anche quelli con Torino e il resto del Piemonte (l’Antonelli con la Cupola di San Gaudenzio e la Mole Antonelliana, lo stesso San Gaudenzio che proveniva da Ivrea…). I pendolari che vanno a lavorare a Torino sono tantissimi (ci sono anch’io), basta andare alla stazione tra le 7 e le 9 per rendersene conto. La bellezza di Novara e la sua particolarità forse stanno proprio in questo…”terra piemontese e cielo lombardo “…lo stesso Umberto Orsini, grande attore novarese, in una recente intervista alla “Stampa” alla domanda “qual è il suo rapporto con Torino?”, ha risposto “io sono di Novara e Torino la sento come la mia seconda città…”